Come affrontare l’enorme debito pubblico?
Uno dei tanti problemi che ha portato con sé la pandemia è il debito pubblico elevatissimo, con un peso sul Pil certamente mai raggiunto prima – neanche dopo le due guerre mondiali – e difficile da digerire.
Ovviamente il debito maturato con la Banca Centrale Europea che ha comprato ingenti partite di titoli di stato italiani non può essere cancellato perché i Trattati non lo consentono e non c’è il consenso necessario in Europa per cambiarli.
Sul futuro, quindi, peserà questo enorme macigno.
Il piano presentato dal governo, con un deficit previsto al 3% dal 2023 e con tassi di crescita pari al 2% in media è fortemente ancorato all’accelerazione della ripartenza post-Covid che si otterrebbe soprattutto con un utilizzo efficiente dei fondi europei del NextGenerationEu.
Attraverso questi ingenti investimenti – ricordo che l’Italia è beneficiaria di 209 miliardi di euro – il governo punta a ricondurre il debito al livello pre-Covid (134,6%) nell’arco di un decennio. L’Italia non è la sola. Infatti, piani analoghi sono stati presentati da molti altri paesi, considerato che l’aumento del debito a causa della pandemia ha toccato tutti.
In merito al piano di rientro, peraltro formulato dal Governo Conte II, la reazione dei mercati finanziari è stata positiva. Se lo avessero giudicato male non avrebbero titoli pubblici o quantomeno avrebbero chiesto un rendimento più alto. Ciò non è avvenuto.
È evidente però che il piano di rientro delineato dal governo precedente richiederà uno sforzo straordinario e prolungato di almeno 10 anni. Sempre che non accada nulla di grave e che permangano a lungo alcuni dati di favore.
Tra questi, certamente la permanenza dei tassi di interesse sugli attuali bassissimi livelli. Infatti, il mix tra bassi tassi d’interesse, ripresa della crescita e inflazione al 2% consente il mantenimento del tasso d’interesse a lungo termine al di sotto del tasso di crescita, Questa condizione è cruciale per la sostenibilità del debito pubblico.
Se qualcosa dovesse cambiare nei mercati sarebbe un guaio e, purtroppo, nulla garantisce la lunga sequenza di politiche monetarie iper espansive con i fondi europei e tassi di interessi bassi.
Ecco perché è fondamentale che gli investimenti dei fondi anti covid abbiano una visione lunga e siano accompagnati dalle riforme che sono indispensabili per rimettere l’Italia su un percorso lungo di crescita.
Su questi investimenti certamente vigilerà l’Europa, ma la cosa più delicata è che vigileranno soprattutto i mercati, da convincere costantemente a darci fiducia.
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